SCHEDA TECNICA
Regia: Marco Tullio Giordana
Sceneggiatura: Sandro Petraglia, Stefano Rulli
Produzione: Angelo Barbagallo, Rai Fiction
Anno di uscita: 2003
Durata: 366 minuti
(diviso in due parti)
Genere: Drammatico, Storico
RIFLESSIONE
Sono le ore mezzanotte e cinquantacinque minuti, e ho terminato da poco di vedere
"La meglio gioventù" di Marco Tullio Giordana, un film diviso in quattro episodi che racconta la vita della famiglia Carati, concentrandosi sulle vicende dei fratelli Nicola e Matteo, figli di una Roma medio-borghese durante il boom economico. L’estate del 1966 segna per loro un trampolino di lancio verso il mondo, in un’Italia che vive i suoi anni più intensi, tra lotte, paure e il sogno di un futuro migliore.
Se quegli anni torneranno o meno, non possiamo saperlo. Retrospettivamente, persino i nostri giorni sembrano già carichi di nostalgia. Eppure non posso fare a meno di chiedermi, nel profondo: oggi riusciremmo a vivere avventure ed emozioni con la stessa intensità? Certo, un film è un costrutto, una finzione, talvolta persino esasperata, ma è comunque il frutto di una società che ha vissuto realmente quelle emozioni.
Viviamo vite in cui paradossalmente siamo più liberi, ma incatenati da quegli stessi limiti che possiamo abbattere. Il perché? Sta nella possibilità stessa di poterli superare, di non avere mai provato ad abbatterli, nulla ci lega, ma ciò non ci stimola davvero a farlo.
Allora, il lungo viaggio di Nicola, le sconsiderate follie, le idee utopiche e gli amori passionali sembrano figli di un'altra epoca, in cui molto era ancora fattibile.
I nostri limiti è naturale esistano, ma ciò non va in contrapposizione con il precedente pensiero, perché oggi ci accontentiamo, quasi anestetizzati da quei risultati ottenuti in anni di lotta e di dolore, dove, come ricorda la pellicola, ci sono stati anche errori ed estremi senza ritorno, ma tempi in cui qualcosa si otteneva: I grandi scioperi, la legge Basaglia e perché no anche un mondiale!
Questo non vuol essere una critica al nostro tempo, chi lotta ancora esiste, e la fiamma non è mai spenta, ma nel tempo affievolita, così gli studenti diventano indifferenti, i lavoratori inermi e muti, la società... arroccata nella sua paura si tace. Matteo ne rappresenta il volto e Nicola la rivoluzione, seppur democratica, due facce di un paese dilaniato tra il fare e il temere, in quell'intimo dolore che si cela nel cuore di ognuno.
La vita non è semplice, ma questo non ce lo insegna un film, che invece ci ricorda le difficoltà di una famiglia, una di quelle dell'ordinaria italianità, fatta di gente straordinaria nella sua umanità, nella sua concretezza e nelle sue fragilità.
Non ci sono sconti per nessuno, ma l'obiettivo è il comprendere che il mondo è bello, anche per le sue incomprensibili vie, dettate dal destino o da chissà quale forza divina o profana, qualche volta funesta, altre meno, e in certe occasioni propizia.
Davanti a tanta vita vissuta, quarant'anni e qualche acciaccio, in confronto alla concretezza materialistica del vivere d'oggi, non può che sovvenire un senso di mancanza, di limitazione, di non ardire, incompleto sentire; ed è per questo motivo che questo film contiene la chiave per capire il nostro vivere, con nessuna volontà nostalgica, semplicemente rappresentando l'ordinarietà di fatti straordinari, eliminando il velo della convenzionalità, dei rapporti familiari e del mondo in cui viviamo.
Spero di avervi convinto!
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