Da qualche anno il Centro per il libro e la lettura (CEPELL) ha introdotto la bellissima iniziativa del Maggio dei Libri, quest'anno vi portiamo, insieme ai nostri inviati, le memorie degli eventi organizzati a Verona ai quali abbiamo partecipato: conferenze, convegni e mostre riguardo alla storia del libro, degli autori ed editori.
VIAGGIO INTORNO AD ITALO CALVINO
-By Morris
Gli appuntamenti di venerdì 5 maggio si sono aperti con l'interessante lezione tenuta alla Biblioteca Civica dal Professor Andrea Kerbaker, scrittore, docente universitario e grande collezionista di libri, riguardo la vita di Italo Calvino.
Sono passati ormai 100 anni dalla nascita, a Cuba, di uno dei più eminenti e rivoluzionari scrittori italiani del novecento, Italo Calvino, ancora oggi tra i più apprezzati dal pubblico di lettori, in buona parte giovani, che continua a leggere molte delle sue opere tra le quali spiccano la trilogia degli antenati: “Il Visconte dimezzato”, “Il Barone rampante” e “Il Cavaliere inesistente”.
Andrea Kerbaker nella sua introduzione spiega i motivi di questa fama, ancora oggi così ampia e diffusa, in un mondo che, citando le sue stesse parole "dimentica facilmente". Il motivo, secondo la sua comprovata esperienza, risiede nella capacità di Calvino di rimanere un autore giovane, un Dorian Gray della scrittura, grazie alle sue abilità e tecniche, valse all'autore grande successo e che vedremo esemplificate nelle sue "lezioni americane" pubblicate postume la sua morte.
Questa sua "gioventù di ribellione" contro la famiglia e il fascismo, al fianco dei Partigiani, ha saputo contribuire nella sua produzione forgiando la sua ideologia e la sua tecnica di scrittura; come spesso ripeto per conoscere un libro bisogna conoscere il suo autore, ma soprattutto la sua storia.
Calvino ha diciassette anni quando scoppia la guerra, la sua adesione alla Resistenza, maturata in seguito alla caduta del regime e alla nascita della Repubblica Sociale, lo porterà ad abbandonare l'università per dedicarsi allo sforzo di liberazione sulle montagne cuneesi. La sua esperienza verrà raccolta a 24 anni in un libro, caposaldo della letteratura sulla resistenza "I sentieri dei nidi di ragno", aiutato dall'amico e collega Cesare Pavese; il libro si pone come racconto dell'esperienza partigiana, usando come narratore l'innocente figura di un bambino, incapace di possedere una visione di parte, ma di vedere virtù e difetti, anche tra le fila della resistenza. L'eliminazione della retorica sarà uno dei punti fondamentali della produzione calviniana.
La ribellione di Calvino però non è solo politica o battagliera, è una vera e propria crociata nei confronti del "mondo pre-costituito" e unidirezionale; proprio in questo si rivede la sua ricerca di libertà nei confronti dei genitori, persone di elevata cultura, la madre botanica, prima docente di cattedra donna in università, il padre tra i più conosciuti agronomi italiani; troppo oppressivi però nei confronti dei figli, volenterosi, soprattutto da parte paterna, di portare anche loro verso la carriera familiare.
Non solo la famiglia, anche la società Italiana del dopoguerra, diventa fonte di critica nella sua idea e produzione, utilizzando come arma una speciale vena ironica, di rara specie ed elevatezza.
L'Ironia in Calvino si differenzia da quella classica alla quale siamo abituati, le sue opere non hanno lo stesso sapore del giornalino di Gian Burrasca di Bertelli, la sua ironia è sottile e pungente critica ai costumi, non crea ludibrio ma riflessione, nei confronti delle abitudini e delle situazioni di una società paradossale, che si rivede in particolare in "Marcovaldo ovvero Le stagioni in città", raccolta di racconti tragicomici apparsi sull'Unità, più simili per tema alla visione fantozziana della società..
Uno dei suoi apici letterari, in particolare per la popolarità, verrà raggiunto da Calvino con la pubblicazione della trilogia degli antenati:
Il Visconte dimezzato: che riprende nella sua idea sia la psicanalisi freudiana che l'ironia e l'irrealtà di tale avvenimento.
Il Barone Rampante: opera che per inciso adoro, nella quale Calvino stesso rivede il suo conflittuale rapporto, in particolare con il padre.
Cavaliere inesistente: dove si nasconde ancora una volta l'ironia dell'autore sottolineando il vuoto all'interno dell'armatura. Una corazza fatta di dogmatismo ideologico dentro la quale non si trovano valori ma il nulla.
Alla soglia dei 40 anni, dopo essere definitivamente approdato alla Einaudi, gloriosa editrice torinese, convola a nozze con Esther Judith Singer "Chichita", prendendo anche la decisione di traferisi a Parigi.
In Francia saprà trovare terreno fertile per la sua produzione, ancora poco convenzionale in patria, aderendo tra l'altro ai celebri OuLiPo, corrente letteraria di eclettici autori volenterosi di modificare la letteratura attraverso la loro produzione, come fece Georges Perec con la sua "Disparition".
La sua scrittura così diversa dagli standard letterari italiani del tempo lo terrà lontano dai premi letterari più famosi e conosciuti, concessi molto più spesso ad autori magistrali, in buona misura lontani dal concretismo e dall'immediatezza calviniana.
La leggerezza infatti è la chiave che permette di capire la scrittura di Calvino, più propenso alla sottrazione che all'aggiunta, prediligendo produzioni brevi, sul centinaio di pagine, in un suo personale sforzo nell'evitare la noia del lettore.
Altro punto su cui insiste la penna dell'autore è la molteplicità, espressione che può avere molteplici declinazioni, dalla diversa opinioni dell'altro su di noi a un differente punto di vista su un concetto, ma che cerca di contemplare le diverse visioni della realtà, come negli "esercizi di stile" di Queneau.
In questa sua produzione francese abbraccia, idealmente seguendo anch'egli i suoi antenati, una letteratura più scientifica, usando spesso il linguaggio della fisica e dell'astronomia, sua passione personale.
Nella sua ultima parte di produzione Calvino persegue i concetti di esattezza e rapidità, pubblicando opere molto più veloci e snelle, sempre in linea con la sua concezione.
La sua opera somma però resterà incompiuta, si tratta di Six Memos for the Next Millennium, tradotta in italiano come "Lezioni americane", 5 lezioni, più una sesta sulla consistenza mai scritta, facenti parte di una serie di discorsi che si sarebbero dovuti tenere ad Harvard riguardo il modo di procedere per la letteratura del nuovo millennio.
Leggerezza
Rapidità
Esattezza
Visibilità
Molteplicità
Coerenza
L'opera verrà pubblicata postuma, perché Calvino morirà a causa di un ictus il 6 settembre 1985, citando le parole del Professor Kerbaker "è morto per eccesso di intelligenza".
termino questo ricordo dell'evento citando nuovamente Kerbaker:
Si muore coerentemente a come si vive.
RACCONTI ROMANI DI JHUMPA LAHIRI
By Morris
Con Andrea Kerbaker
Racconti Romani è la raccolta di racconti scritta da Jhumpa Lahiri scrittrice indo-americana trapiantata a Roma dal 2012, grande appassionata di Italiano e della città Eterna ha deciso di raccontarne le voci e i personaggi, attraverso il metodo del racconto.
Il libro è stato pubblicato dall'editore Guanda nel 2022 e riprende la memoria con il celebre originale scritto da Alberto Moravia.
Il filo conduttore che lega la scrittrice con Moravia è profondo ed affonda le sue origini nella rivista romana "Nuovi argomenti", fondata dallo scrittore negli anni 50 e oggi tappa obbligata per gli autori di racconti che vogliono mettersi in gioco, come Jhumpa Lahiri.
Arrivata a Roma ormai dieci anni fa, la scrittrice ha saputo inserirsi in quella che definisce:
una città difficile da rappresentare, una contraddizione dietro l'altra.
Roma tra realtà e sogno, ricca di fantasmi e trasudante di storia entra nelle pagine della sua opera che collega la natura della città a quella di chi la abita, con un sentore che Kerbaker ha definito estraniante, e che la stessa autrice ha confermato essere la sensazione tipica del nuovo arrivato a Roma.
Raccontare in forma così ristretta una città dalle mille sfaccettature come roma è impresa assai ardua, Moravia stesso in quei suoi racconti ci aveva già provato in effetti, ma Jhumpa aggiunge la sua visione, il suo sguardo attraverso le sue short-stories.
La storia breve, spesso malvista dagli editori, nella sua concisione necessita di grandi attenzioni e può risultare solo vincente o perdente, a differenza del romanzo, che spesso compie abili manovre per riportare il lettore al punto prescelto.
Scrivere racconti dunque per Jhumpa Lahiri è anche un'esperienza di calibrazione e gestione della parola, alla quale dare il giusto peso e posizione.
Il racconto si scrive in libertà, è un laboratorio, una palestra per realizzare una raccolta.
Con queste parole la Lahiri racconta la sua esperienza letteraria in questo filone narrativo.
Il razzismo e l'estraneazione spesso ritornano nel libro, elementi omnipresenti nelle società, che portano il lettore ad indagare in maniera critica le nostre città e i loro problemi, spesso reali e riscontrati tra le persone conosciute dalla stessa scrittrice, che nel libro cerca di trovare anche lo spazio per una sottile critica sociale nei confrronti di un problema di estrema attualità.
In una Roma amara e surreale, che ricorda per intenti e forza di cose quella di Sorrentino nella "Grande bellezza" però l'autrice ritrova anche spazi di condivisione come le scalinate, luoghi accoglienti per natura, pieni di vita, che al medesimo tempo diventano luoghi di estraneazione.
Questa è la grande città di Roma raccontata da una sua nuova abitante.
Buona lettura.
SOGNAI TALMENTE FORTE DI MASSIMO BUBOLA
By Morris
Nella stupenda cornice della Società Letteraria di Verona, Massimo Bubola, autore di grandi capolavori della nostra musica a cavallo tra metà novecento ed oggi, ha racconato la genesi e la storia contenute nel suo ultimo romanzo dal titolo "sognai talmente forte".
Per chi conosce, anche in minima parte, il repertorio di De André avrà colto subito la citazione ad una delle più celebri frasi de "il fiume Sand Creek", brano creato dal genio dello stesso scrittore e di Faber.
Il libro viene raccontato attraverso le parole di un anziano protagonista, prossimo alla fine dei suoi giorni, Callimaco, intento nel romanzo a raccontare la sua storia, come un moderno Omero, riprendendo dall'infanzia i ricordi d'una vita che ci compone delle grandi opere firmate da Bubola da Sand Creek fino a Hotel Supramonte, passando per il celebre cielo d'Irlanda. Il tempo di una giornata per raccontare tutto ciò che ha avuto un senso nella sua esistenza.
Non mancano nel romanzo le citazioni alla poesia, all'epos collettiva, riferimenti capaci di connettere sia l'amore per la metrica del testo sia alla sua infanzia segnata dai ricordi della bassa veronese e del nonno, aedo delle cascine.
In questo libro il mondo antico si fonde con la modernità, l'antichità classica ben padroneggiata da Buobola si innestra in una narrazione più presente, capace però di conservare termini e riferimenti al mondo classico e alle sue peculiarità.
La musica da identità, le canzoni sono la prima forma di letteratura.
Con queste parole l'autore ha introdotto il suo ragionamento sulla funzione della musica, unione tra letteratura e poesia, forma ancestrale già padroneggiata in epoche lontane e prima forma di memoria collettiva tramandata oralmente, ancor prima della nascita dei primi segni di scrittura. L'uso della metrica ritorna ad essere cardine in questo suo elevato esercizio di scrittura, abilità appresa sin dall'infanzia nelle sue radici di gucciniana specie.
La grande capacità di questo libro è quella di poter essere un sempreverde, come molta parte della produzione sia letteraria che musicale dell'autore; la possibilità di avere numerosi piani di lettura, adattandosi alle capacità e alle esigenze d'ogni lettore permette inolte di conoscere più visioni anche metaforiche e simboliste presenti all'interno del testo, mantenendo però il concretismo della narrazione.
Se la cultura é
Una forma di religione laica.
Questo romanzo si prefigge l'obiettivo di portare il lettore a vivere un'esperienza totalizzante, capace di travalicare il mondo della letteratura e di gettarsi in quello dell'epica e della collettività del vivere, riuscendo persino a compiere un percorso di crescita interiore e sradicamento delle convinzioni classiche del vivere.
La paura della morte in quest'opera viene vinta dalla concezione non di una vita ultraterrena ma dall'umanizzazione della fine, dalla distruzione del concetto di timore nei confronti della più umana delle condizioni della nostra vita.
Il colore invece ha un effetto concretizzatore nel romanzo, perché solo nella commistione tra vista e udito si può trovare la modalità più intrinseca per capire il vivere quotidiano.
Come lascito, in un testamento spirituale, l'autore ci dona un'eredità umana e morale arricchente per il nostro animo, in un intendo poetico e romantico, nel senso più elevato del termine, d'aumentare il senso della collettività e degli altri.
IL FRONTE RUSSO DI LUCA STEINMANN
By Morris
Luca Steinmann, giornalista e inviato di guerra, ha parlato introdotto dalle sapienti domande di Andrea Kerbaker del suo ultimo libro-reportage dietro le file del fronte russo.
Inviato sia di Repubblica che di La7 lo scrittore ha avuto il raro privilegio, se così lo possiamo definire, di essere l'unico europeo rimasto in Donbass al momento dello scoppio dell'invasione Ucraina, il libro è infatti il suo punto di vista da dietro le linee del "nemico", spesso tralasciate dai media d'informazione internazionali.
Le parole sono importanti soprattutto per chi deve raccontare.
Così ha sortito, in risposta alla prima domanda Steinmann, sottolineando il fatto e la necessità da parte del giornalista di guerra di preservare non solo se stesso, ma soprattutto i collaboratori rimasti sul territorio da possibili danni collaterali che potrebbero essere causati dalla pubblicazione del reportage. Il cinismo in questi casi dello scoop bomba non è affatto la scelta migliore, perché si gioca spesso con la vita e le famiglie delle persone rimaste in quei territori.
Allo stesso tempo però le parole del corrispondente devono essere veritiere e non fare sconti nei confronti di nessuna delle due fazioni, allontanandosi dalla propaganda di regime, che in spesso cerca di manifestare il suo pugno duro sull'informazione.
Un problema principale secondo Steinmann però rimane la disinformazione della comunicazione, anche di quella italiana, anche se tra le più complete, pecca del fatto di essere in molti casi fortemente schierata. Pochi infatti sono i giornalisti o corrispondenti sul lato russo del conflitto rispetto a quelli sul lato ucraino, una sproporzione di 50 a 11,000, decisamente troppo alta per avere una comunicazione chiara delle problematiche e degli eventi di guerra.
Scrivere un libro, in certi casi è più difficile che stare sul campo di battaglia.
Steinmann arriva in Donbass il 18 febbraio 2022, con un collega reporter Gabriele Micalizzi su consiglio di un collega russo, il quale era a conoscenza dello spostamento di mezzi militari verso la zona ai confini dell'Ucraina. Poco dopo il suo arrivo i confini della regione vengono chiusi, probabilmente per paura di possibili fughe di notizie provenienti da media occidentali. Il giornalista ha potuto godere così d'una posizione unica, essendo uno dei pochissimi, se non l'unico a poter vedere in diretta le fasi più concitate dell'invasione. Per ben sette mesi è riuscito attraverso la collaborazione di alcuni colleghi ad addrentrarsi nella cultura russofona del Donbass e nella visione della popolazione, comprendendo anche la reazione degli abitanti alle azioni militari di Putin. Cercando attraverso la sua narrazione di dare valore alle azioni dei soldati e delle persone coinvolte umanamente nel conflitto.
In Russia le leggi sono sottoposte al giudizio individuale.
Da questa concezione si comprende la dicotomia di visioni tra i due fronti, in Russia è molto diverso arrivare in prima linea, non servono permessi speciali, ma amicizie, relazioni e sane bevute di Vodka, tradizione capace di rinvigorire gli animi e creare relazioni utili per arrivare più vicini possibile ai siti caldi, in cui si combatte e si muore.
Sul lato ucraino invece la situazione è radicalmente diversa, esiste persino un ufficio dedicato per la documentazione necessaria per arrivare nelle zone calde e persino di un fixer, ovvero una guida locale, un'organizzazione dell'informazione quasi militarizzata.
Spiegare il mondo russo è un'impresa che in pochi hanno cercato di fare in questo conflitto, preferendo riportare monotematicamente la versione ucraina, che sicuramente è la più conosciuta e mediatizzata, il fronte russo, sia militare che civile, però è un conglomerato di tanti e variegati popoli, non ha una sua unitarietà, ma si compone di tante fazioni accomunate da un unico obiettivo, forse anche per questo motivo che una parte della popolazione ucraina continua a cercare l'annessione con la Russia, come nel caso delle due repubbliche separatiste.
Interessante è stato dunque vedere come Steinmann si sia interfacciato con la popolazione, che inizialmente si era dimostrata gelida e sabotatrice del suo lavoro e che solo in seguito, a piccoli passi, ha saputo aprirsi nei suoi confronti.
I russi non spiegano le cose.
Entrare in contatto con i soldati di Mosca non è stato semplice per un freelancer, in un paese che non conosce l'informazione libera. I soldati solo dopo molte bevute hanno saputo aprire il loro cuore e portare il giornalista sulle linee di combattimento.
Altro punto di grande rilevanza resta anche la presenza di volontari del partito di Putin Russia unita nelle zone occupate, intenti a divulgare propaganda attraverso letture, sia classiche e moderne che cercano di legare le persone al pensiero russo.
Solo comprendendo questi aspetti si può capire veramente quali siano le ragioni per le quali questi territori siano propensi all'annessione, ricordando inoltre che in Donbass i bombardamenti siano iniziati nove anni fa, non da parte dei russi ma da parte ucraina.
Alla domanda perché lo hai fatto?
Steinmann risponde che a spingerlo nella sua missione, superando anche la paura della morte o del carcere, è l'essere presente esattamente dove si sta svolgendo la storia.
Una grande opportunità di crescita umana.
STORIA CONFIDENZIALE DELL'EDITORIA DI GIAN ARTURO FERRARI
-By Morris
Con Luigi Mascheroni Non nascondo il fatto che questa sia stato l'incontro che ho atteso con più fervore, per chi non abbia già provveduto consiglio, innanzitutto di acquistare il libro, in secondo luogo di leggere la recensione che abbiamo realizzato. Gian Arturo Ferrari è uno dei padri della nostra editoria, oltre a essere sommo esperto di libri, come sottolinea Mascheroni, Ferrari lì ha creati, e non pochi. Aneddoto, che in pochi conoscono, è stato lui a dare il nome alla versione italiana al romanzo di Harris "The Silence of the Lambs" tradotto con il poetico "Il silenzio degli innocenti". La sua vita e le sue esperienze sono strettamente collegate all'intellighenzia culturale del novecento e del nostro secolo, vedendo nei suoi anni di professione editoriale passare sulla sua scrivania opere di autori oggi celebri ed apprezzati.
La sua professione inizia nel lontano 1970, a 26 anni, quando un suo ex professore universitario lo avvicina alla EST (Enciclopedia della scienza e della tecnica) come redattore, prende così la decisione di lasciare il suo ruolo di docente per dedicarsi alla professione editoriale. Nel 1984 diventa editor di saggistica per la Boringhieri, poi direttore editoriale, lavorando successivamente e per lunghi anni per la berlusconiana Mondadori. Ferrari e Mascheroni ricordano che ogni anno vengono pubblicati più di 70.000 titoli in tutta Italia, un numero enorme che obera il mercato di opere, spesso neppure di grande qualità, pubblicate in larga parte per guadagno più che per qualità di scrittura. Il problema della spropositata quantità di opere a stampa colpisce anche e soprattutto il mondo del giornalismo culturale, impossibilitato a dare valore a tutta questa produzione.
La domanda sul motivo di tutta questa produzione è stata lecitamente citata nell'intervista, la risposta di Ferrari è stata eloquente:
Gli editori pescano a strascico
La ragione economica, Mammona, per citare un capitolo del libro è in primo luogo la causa di così tanta produzione. In effetti economicamente è più svantaggioso per le case editrici compiere uno studio di mercato che pubblicare direttamente un'opera e aspettare i possibili risultati, d'altronde, come ricorda lo stesso autore:
L'editoria è il regno del gioco d'azzardo puro.
Si vince o si perde, come nel caso del libro "Gomorra" che ha reso Roberto Saviano uno dei giornalisti e scrittori più apprezzati del nostro panorama culturale, stampato in "sole" 40.000 copie nella prima edizione, ha toccato punte di vendita di 3 milioni entro l'anno di pubblicazione, sinonimo di come si possa passare da un estremo all'altro in pochissimo tempo. Allo stesso tempo però ci sono anche altre opere, di grande qualità, che non vengono apprezzate dal grande pubblico, come nel caso di un famoso autore indiano, dal grande fascino ma di difficile comprensione per il pubblico occidentale e di sfortuna nera per le casse della Mondadori. L'industria editoriale è così... un gioco sul filo del rasoio.
Le persone scrivono libri perché vogliono restare, vogliono rimanere più del tempo della vita terrena e hanno la consapevolezza di avere qualcosa di prezioso da dire.
Questa è forse la chiave di lettura per capire la frase "ci sono più scrittori che lettori".
La volontà di comunicare è un aspetto nobile dell'umanità che accomuna l'esperienza umana, una forza sterminata.
I libri si leggono o si pubblicano
ricorda con una sagace battuta lo scrittore, citando una carrellata di nomi di grandi editori, partendo da Mondadori e Rizzoli, che a suo parere non hanno mai letto un libro in vita loro, ma avevano fiuto per gli affari per terminare con il compianto Roberto Calasso
che sottolinea, ironicamente, ma non troppo, avesse già letto tutti i libri possibili prima dei 15 anni.
La Scrittura conclude Ferrari essendo una forma espressiva che, rispetto ad altre, non necessita di un medium, come la capacità di saper disegnare o di padroneggiare uno strumento, si presta maggiormente a essere utilizzata da un pubblico più ampio, senza capire che l'arte della scrittura non è la medesima del possedere dialettica orale. La scrittura necessita di elementi tecnici di altissima complessità.
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