Dopo sette anni di mandato è giunto il momento degli addii al Quirinale per Sergio Mattarella, il suo ultimo discorso da Presidente della Repubblica ha toccato numerosi argomenti dalla salute all’attualità, ma alcuni punti hanno fatto la differenza, l’esortazione al senso di maturità ed in particolare l'invito ai giovani a non essere indifferenti.
Parole importanti, essenziali e riflessive quelle di Mattarella, il quale cita la lettera del professore di filosofia Pietro Carmina, morto nel crollo di Ravanusa: “Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha. Non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi. Infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non adattatevi, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa. Voi non siete il futuro, siete il presente. Vi prego: non siate mai INDIFFERENTI, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare…”.
Queste grandi parole mi ricordano l’indimenticabile scritto di Antonio Gramsci “Odio gli Indifferenti” nella sua volontà partigiana, nello spirito partecipativo e collettivista.
Oggi la pandemia può aver instillato in noi, forse, un po’ di senso di partecipazione, d'unione, nessuno è potuto rimanere indifferente, ognuno ha toccato con mano, nel quotidiano, nell'intimo, l'assoluta presenza d’un virus invisibile e letale, doloroso e distruttivo. Per la prima volta, dopo anni, la pandemia ha colpito la collettività più assoluta senza ceti, classi sociali o denari.
L’indifferenza apatica della nostra società, individualista arrivista e senza scrupoli, nel discorso di Mattarella, cede il passo ad una socialità auspicata, ad un’unione interforze nella quale tutti possono fare la differenza.
Un incitamento ai giovani, che troppo spesso vengono allontanati dal presente credendoli cittadini d’un futuro che senza azioni concrete non si realizzerà mai, una concretezza nell’astratto del tempo che verrà. I giovani come parte integrante del presente, un “wake up”, del quale avevamo bisogno, noi popolo del presente, cittadini non spettatori, partigiani e non assoggettati dalle decisioni altrui. Tornare ad usare le parole ad esprimersi a lottare questo è l'unico modo per fermare l’apatia ed il progressivo annullamento delle nostre coscienze.
Oggi si riduce tutto ad un fuoco di paglia, ai grandi ideali che durano il tempo di pochi giorni, di proteste che cadono nel dimenticatoio quando si smette di ricordare. Ai tempi del social in cui ogni voce ha peso ma al contempo nessuna dura più di qualche post, dobbiamo ritornare a riflettere con il cervello e non con le dita, perché l'impegno non è un ripostare o mettere un mi piace, l'azione è prendere forza ed esporsi, senza rimanere indifferenti ai piccoli e grandi problemi che affliggono la nostra società.
Non essere omertosi o timidi davanti alle grandi sfide, da soli siamo Golia, insieme invece possiamo combattere anche i giganti senza problemi. Essere il presente è proprio questo, inseguire il senso della società dell’essere popolo, dell’essere uguali, davanti a chi? Avrebbe aggiunto Pietrangeli, davanti alla nostra coscienza umana, potrei rispondere.
Allora non siate singolo siate collettività, non dimenticate l'altro, da qualsiasi posto provenga, da qualsiasi sia il suo credo, la sua idea, non lasciatevi sfuggire nessuna opportunità d’accrescere la vostra fame di sapere, mettetevi in gioco di fronte alle sfide ed alle difficoltà. Non lasciatevi mancare un gesto di pace, di aiuto umano, di semplice conforto, perché ogni azione è significativa, perché scontato non significa banale, se voi la state compiendo significa che per qualcun altro non è stata importante.
Mi auguro che nelle parole di questi tre grandi uomini, Mattarella, Gramsci ed il prof Carmina qualcuno possa trovare l’ispirazione, la scintilla che accende l'animo di tutti noi e che ci rende unici e speciali. Leggete, conoscete e portate il bene, perché di male ne abbiamo abbastanza.
-Morris
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