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Immagine del redattoreAbîme de Livres

PARLARE DI CONFLITTI conferenza con Agnese Pini



In occasione del ciclo di conferenze organizzate a Verona dal Collegio don Mazza, in collaborazione con l’UNIVR, ho assistito all’incontro con Agnese Pini, giornalista e prima direttrice donna delle testate La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino.


Agnese Pini, Giornalista e direttrice di testate italiane

Mediata dalla docente di linguistica Alessandra Zangrandi, ha esaminato e discusso il tema della comunicazione del conflitto, soprattutto per quanto riguarda il mondo giornalistico.

Un bellissimo incontro e un tema interessante, soprattutto per gli appassionati di lingua e di giornalismo, la conferenza ha avuto modo di discernere molti dettagli riguardo al mondo della carta stampata, del giornale e delle sue tematiche.



Mi ha colpito profondamente un’affermazione della relatrice: “I giornali sono pieni di scelte” , un ragionamento che non fa una piega, quando si parla di cronaca e di notizie dobbiamo capire, o scegliere, chi meglio si addice al nostro pensiero; in effetti però anche questo ragionamento è fallace a suo modo, perché le notizie dovrebbero essere riportate nel modo più fattuale possibile, Agnese Pini però ha giustamente ribadito due concetti: che spesso le scelte comportano il fare degli errori e che ha questi un giornale serio sa rispondere chiedendo umili scuse al suo pubblico di lettori.



Ogni giornalista media le proprie notizie tramite le sue idee, le sue convinzioni, forse è anche questo che amiamo dei nostri giornalisti preferiti, perché anche se si tratta di fatti reali, sono raccontati in modo da creare una sorta di racconto di un evento, nel quale si vanno ad unire tanti elementi e idee, unici e peculiari di ogni penna, che il lettore ama e ricerca. Il successo di Montanelli, della Fallaci o di Michele Serra, giusto per citare, non è dato da queste variabili? Forse, anzi sicuramente anche da una dote naturale, ma ciò che ci interessa è il concetto.



Altro elemento che ho apprezzato dell’incontro è stato il racconto della genesi della carriera della dottoressa Pini, un aneddoto in particolare, ci ha riportato, metaforicamente, all’11 settembre di 21 anni fa, ai terribili ricordi e alle conseguenze di quei fatti, alle lunghe ed esistenziali domande partorite nel pensiero occidentale, che nei concitati giorni successivi all’attacco si è domandata le cause ed indagato sulle sue colpe, Agnese Pini si ricorda molto bene il grande lavoro svolto dal Corriere della Sera che decise di mobilitarsi attraverso le voci dei più grandi giornalisti di fama internazionale, prima tra tutti Oriana Fallaci, in quel periodo in America, i suoi lunghi e profondi articoli verranno poi racchiusi nel libro “La Rabbia e l’Orgoglio”, del quale potete trovare la recensione sia sul blog che sul podcast, poi di Tiziano Terzani, voce contrastante con la precedente, ma sempre lucida e riflessiva e tante altre ancora che hanno fornito una visione d’insieme che ha permesso di analizzare uno dei più grandi eventi terroristici del nostro secolo.


ascolta e leggi la mia recensione

Dopo questo piccolo cambio di rotta più personale, ritornando al concetto chiave dell’incontro: Il conflitto, si è parlato anche della narrazione differente tra social e giornale fisico, ormai come ben sappiamo tutti possono parlare di tutto, da un lato fortunatamente, perché i social ci hanno permesso di vivere in diretta gli orrori delle ultime guerre e rivoluzioni in giro per il mondo, ma dall’altro il fatto di essere la società più informata della storia ci ha reso anche la più disinformata di sempre, il motivo?

È il medesimo della causa dell’informazione moderna, la plurivocità delle fonti d’informazione, in particolare social, che spesso sono, citando la stessa relatrice, comunicazione e non giornalismo, una differenza che oggi si è fatta molto labile, Internet ma soprattutto le reti sociali hanno amplificato infatti la voce del giornalismo ad una cerchia più ampia, ma hanno permesso ad alcune persone poco raccomandabili, o prive degli strumenti e delle conoscenze critiche e metodologiche di base, di procedere nella loro opera di annebbiamento delle coscienze o peggio di dissimulazione della realtà fattuale.


differenza tra testate giornalistiche e comunicazione social

Per risolvere questo problema i giornali si operano creando gruppo, unendo le menti dei giornalisti in organi collettivi dove discutere d’idee e del modo migliore per divulgare le notizie, azione che spesso online non compie; il confronto è infatti la chiave della comprensione di un fenomeno, perché spesso solo la coscienza collettiva e la visione d’insieme che ci permettono di comprendere al meglio e con obiettività un fenomeno che, visto singolarmente, può risultare di difficile comprensione, anche per un singolo e talentuoso giornalista o divulgatore.

Non per questo però si deve smettere di leggere i blog o ascoltare i bravissimi e abili giornalisti d’inchiesta che affidano i loro articoli e le loro indagini ai social, anzi, bisognerebbe imparare a discernere la realtà dal falso, azione difficile, ma necessaria per evitare di cadere nelle notizie false che affollano il nostro mondo.


illustrazione di Mauro Biani

Il conflitto però riguarda anche la politica interna, siamo reduci da un’infuocata campagna elettorale, sia per la calura estiva, che per temi e promesse in poco tempo dimenticate e sciolte, qui la metafora è d’obbligo, come un gelato al sole, che hanno lasciato sul campo narrazioni assai ben costruite ma sostanzialmente mai realizzate.

Naturalmente in questo momento la politica italiana sta tenendo banco in qualsivoglia testata giornalistica, fisica o virtuale, soprattutto incentrandosi sulle nuove azioni del neo governo eletto e della scelta della nuova squadra di governo.

La narrazione comporta non solo trattare di un tema ma anche di usare un lessico specifico, anche i giornalisti infatti hanno delle mansioni specifiche, non sono dei “tuttofare” ma degli esperti nel loro settore; negli ultimi anni però sia a causa del progressivo calo delle vendite di giornali fisici che della progressiva comparsa di notizie online, spesso scritte da “non addetti ai lavori”, ha portato allo sdoganamento di questi ruoli rendendo le notizie meno specifiche e ricche di un lessico meno studiato, ne è un esempio lampante il modo in cui oggi si parla della pandemia.

Oggi si parla di tutto in termini di guerra, le metafore belliche hanno sostituito e reso gli articoli più simili a dei bollettini che a delle notizie, la guerra Russo-Ucraina non ha aiutato…


Illustrazione di Giuseppe Scalarini ( cliacca e scopri sul blog la mia mostra Moderno Novecento)

In effetti se prendiamo a riferimento un problema che abbiamo vissuto sulla nostra pelle, sempre citando: “La guerra si conosce, invece nessuno conosce una pandemia”, soprattutto se repentina come quella di Covid-19.


Agnese Pini però ha ribadito anche i conflitti di classe che oggi vivono ancora nel mondo del lavoro, morti e feriti sono all’ordine del giorno e i giornali non possono esimersi dal raccontare le tragedie che avvengono sui luoghi di lavoro, che spesso diventano trappole mortali per innocenti e sottopagati lavoratori di un sistema corrotto che pare essere impossibile da sistemare.

Alla mia domanda su cosa possano fare i giornali, oltre che riportare e titolare la prima pagina con l’ennesima strage sul lavoro la Pini ha risposto che le vere azioni le deve prendere la politica e che il giornale si può occupare semplicemente di riportare al meglio possibile una notizia in modo che tutti la possano conoscere.


ARTICOLO 1 COSTITUZIONE ITALIANA

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Il mio pensiero però rimane questo: se la politica italiana è incapace di trovare una strategia per fermare le stragi di lavoratori, in completa opposizione con nostra Costituzione nel suo Articolo 1 che ribadisce L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, chi dovrebbe agire se non coloro che più possono svegliare le coscienze ovvero i giornali e i giornalisti? Forse questo distaccamento, questa bolla di indifferenza può essere la causa del progressivo abbandono degli utenti dai giornali? Rivolgo l’ardua sentenza più che ai posteri a voi lettori.


Fatemelo sapere nei commenti!


 

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